La giuria tecnica del premio letterario Alassio Centolibri – Un Autore per l’Europa, ha ufficializzato l’elenco dei dodici finalisti.

Presieduta dal Prof Luigi Beccaria e composta dalla Consigliera incaricata alla Cultura del Comune di Alassio, Paola Cassarino, da Luigi Barlocco, Alberto Beniscelli, Francesca Bogliolo, Vittorio Coletti, Roberto Francavilla, e ancora Franco Gallea, Francesco Manzitti, Magda Ravina e da Antonio Ricci, ha rivelato i dodici autori e i rispettivi romanzi che accederanno alla fase successiva della selezione: Andrea Pomella con “Il Dio disarmato” (Einaudi), Maria Grazia Calandrone con “Dove non mi hai portata” (Einaudi), Matteo Melchiorre con “Il Duca” (Einaudi), Manuela Faccon con “Vicolo Sant’Andrea 9” (Feltrinelli), Rosella Postorino con “Mi limitavo ad amare te” (Feltrinelli), Claudio Paglieri con “Il Conte Attilio” (Giunti), Elisabetta Rasy con “Dio ci vuole felici” (Harper Collins), Dario Voltolini con “Il giardino degli aranci” (La Nave di Teseo), Paolo Nori con “Vi avverto che vivo per l’ultima volta” (Mondadori), Francesca Giannone con “La portalettere” (Nord), Pier Vittorio Buffa con “La casa dell’uva fragola” (Piemme) e Valeria Tron con “L’equilibrio delle lucciole” (Salani).

​La Giuria Tecnica sarà ora chiamata ad una ulteriore selezione per giungere all’inizio di maggio a cinque titoli dai quali il 2 settembre, in Piazza Partigiani, nel corso di una straordinaria serata finale, sarà svelato il vincitore di questa nuova edizione del Premio, nell’ambito del contenitore culturale estivo del Comune di Alassio​.
Ma a quel punto sarà la giuria degli italianisti a decretare il vincitore.
“Lo spirito del premio con cui quasi trent’anni or sono venne istituito – spiegano dalla Giuria – era infatti quello di far conoscere la letteratura italiana all’estero. Per farlo occorreva coinvolgere chi, al di fuori dei confini nazionali, si muovesse agilmente tra le pagine dei nostri classici e fosse sufficientemente appassionato dalle nuove proposte del nostro ricco ventaglio di romanzi e romanzieri. Due quindi le giurie, una tecnica per una prima selezione rispetto a circa un centinaio di titoli, e una composta da italianisti, docenti di letteratura italiana nelle migliori università di tutto il mondo”..
Si tratta di Victoriano Peña Sànchez (Spagna), Michael Roessner (Austria), Bianca Concolino Abram (Francia), Martin Mcloughlin (Regno Unito) e Gennady Kiselev (Russia).​
Ecco i Dodici
Andrea Pomella con “Il Dio disarmato” (Einaudi)
Un’istantanea del rapimento di Aldo Moro. Andrea Pomella tenta di ricomporre gli ultimi battiti cardiaci dell’uomo “politico” che per trent’anni ha rappresentato la foggia umana dello Stato repubblicano. E va anche oltre: tessere lo spasmo respiratorio degli attori che affollano il teatro di via Fani, dando spazio, capitolo dopo capitolo, alle loro voci ed emozioni.
Maria Grazia Calandrone con “Dove non mi hai portata” (Einaudi)
Tutto quello che può Maria Grazia Calandrone è quello che fa normalmente una figlia: custodire la memoria della propria madre. Quando questa memoria non le è data, però, serve un lavoro ulteriore. Un lavoro di scavo, di ricerca. E, poi, di rielaborazione. È tra le pagine del nuovo libro che Maria Grazia Calandrone e Lucia Galante, la madre biologica morta suicida, si incontrano
Matteo Melchiorre con “Il Duca” (Einaudi)
Un paese di montagna, un’antica villa con troppe stanze, l’ultimo erede di un casato ormai estinto, lo scontro tra due uomini che non sembrano avere nulla in comune… Matteo Melchiorre ha costruito una storia tesissima ed epica sulla furia del potere, le leggi della natura e la libertà individuale. Un romanzo che ci interroga sulla forza necessaria a prendere in mano il proprio destino
Manuela Faccon con “Vicolo Sant’Andrea 9” (Feltrinelli)
Anni cinquanta. Teresa lavora come portinaia in un palazzo del centro di Padova. Dimessa e apparentemente insignificante, serba in realtà un segreto che porta con sé da quando aveva sedici anni. Nel dicembre del 1943, Teresa viene travolta da una serie di eventi che condizioneranno per sempre la sua vita.
Rosella Postorino con “Mi limitavo ad amare te” (Feltrinelli)
Omar ha dieci anni e passa le giornate alla finestra sperando che sua madre torni: da troppi giorni non viene, e lui non sa più nemmeno se è viva. Suo fratello gli strofina il naso sulla guancia per fargli il solletico, ma non riesce a consolarlo. Senza la madre il mondo svapora. Solo Nada lo calma. Nada e Omar sono bambini nella primavera del 1992, a Sarajevo.
Claudio Paglieri con “Il Conte Attilio” (Giunti)
Anno di grazia 1627. Mentre il capitano di ventura Attilio Arrigoni combatte nelle Fiandre, a Milano la diciottenne Lucrezia, la donna che ama da tutta la vita, è stata rinchiusa in convento dal fratello e sta per prendere i voti. Un inaspettato prequel dei Promessi Sposi, narrato dal punto di vista degli Arrigoni, mortali nemici dei Manzoni. E se il conte Attilio non fosse stato poi così cattivo?
Elisabetta Rasy con “Dio ci vuole felici” (Harper Collins)
Etty Hillesum, scomparsa poco prima di compiere trent’anni ad Auschwitz, con il suo diario e le sue lettere ci ha lasciato una straordinaria testimonianza del cuore nero del Novecento. Ma prima di trasformarsi in una figura simbolica, come racconta Elisabetta Rasy in questo libro, la intrepida ebrea olandese è stata una giovane donna libera, inquieta e irriverente.
Dario Voltolini con “Il giardino degli aranci” (La Nave di Teseo)
Nino Nino incontra per caso all’Ikea Luciana, la ragazza per la quale aveva provato al liceo il suo primo vero innamoramento. Ora sono entrambi adulti, sposati e con figli, ma l’emozione del rivedersi li spinge a darsi un appuntamento al giardino degli aranci di Roma. Una scrittura in stato di grazia, nitida e precisa, per raccontare una luminosa educazione sentimentale.
Paolo Nori con “Vi avverto che vivo per l’ultima volta” (Mondadori)
La storia di Anna Achmatova, una poetessa russa nata nei pressi di Odessa nel 1889 e morta a Mosca nel 1966. Anche se Anna Achmatova voleva essere chiamata poeta, non poetessa, e non si chiamava, in realtà, Achmatova, ma Gorenko. Quando suo padre, un ufficiale della Marina russa, seppe che la figlia scriveva delle poesie, le disse “Non mischiare il nostro cognome con queste faccende disonorevoli”
Francesca Giannone con “La portalettere” (Nord)
Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta?
Pier Vittorio Buffa con “La casa dell’uva fragola” (Piemme)
Tra Varese e il lago Maggiore, a Castello Cabiaglio, c’è un grande portone verde, il portone della Casa dell’uva fragola. Ernesta, Francesca ed Ezechiella sono le donne che hanno vissuto nelle sue stanze e nel suo giardino. Quadri, mobili, fiori, alberi raccontano le loro storie. Questa casa è qualcosa di più delle sue mura. È la nostra storia, sono le vite passate e future
Valeria Tron con “L’equilibrio delle lucciole” (Salani)
L’elegia poetica del quotidiano, come lente di ingrandimento per ridimensionare lo sguardo sulle necessità dell’uomo. Due sono gli equilibri che occorrono: quello naturale e quello intuitivo. Il primo è la costante rigida intorno  alla quale tutto muove: le stagioni, l’erba, gli uomini, i campi, e il secondo credo sia nella capacità di ricredersi, per raccontare con occhi nuovi il tempo delle piccole cose.​